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L’ansia è uno stato psichico collegato all’anticipazione di una minaccia futura.
Consiste in un’attivazione emotiva data da un senso di apprensione, preoccupazione, nervosismo, agitazione e in un’attivazione fisiologica che si manifesta con sintomi tra cui palpitazioni, tachicardia, tremori, respirazione affannosa, sudorazione, vertigini.
L’ansia è una condizione che fa parte della vita dell’essere umano e nella giusta quantità può avere una funzione positiva rispetto alla preparazione a situazioni future. Quando si prova una certa dose di allerta si è infatti più pronti e responsivi nell’affrontare un evento.
Quando invece il livello d’ansia supera una certa soglia, l’attivazione psicofisica può diventare eccessiva e risultare invalidante per la persona.
Questo accade per esempio durante un attacco di panico in cui si verifica un picco d’ansia che dura alcuni minuti causando una considerevole angoscia. Si tratta di una crisi acuta che provoca allarmanti sintomi fisiologici:
In alcuni casi gli attacchi di panico sembrano “venire dal nulla” e presentarsi improvvisamente come “un fulmine a ciel sereno”, cioè senza apparenti fattori scatenanti. Altre volte l’attacco di panico può accadere in concomitanza di una situazione temuta, come ad esempio prendere un aereo o affrontare un esame.
Come conseguenza la persona può sviluppare il timore che sopraggiungano nuovi attacchi di panico e può cercare di evitare le situazioni ansiogene; nei casi sopracitati, ad esempio, non prende più l’aereo, o rinuncia agli studi. La vita può risultare pesantemente condizionata.
Esiste anche una condizione in cui l’ansia non si manifesta con crisi acute ma è presente come uno stato costante che accompagna la persona per la maggior parte delle sue giornate, nei vari ambiti della sua vita (ansia generalizzata). Si tratta di una sorta di sottofondo persistente e disturbante con cui la persona procede nella sua esistenza.
In questi casi la persona è preoccupata per tutto senza un motivo ragionevole e può provare oltre alla sensazione di agitazione o tensione, anche facile affaticamento, difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria, irritabilità, tensione muscolare, disturbi del sonno.
L’ansia può anche manifestarsi sotto forma di fobie.
Nel caso di fobie specifiche la persona è spaventata o ansiosa riguardo a oggetti o situazioni particolari ad esempio animali, sangue, iniezioni, ferite, ambienti. L’ansia è sproporzionata rispetto al pericolo che tale oggetto o situazione può comportare e la persona riconosce che la sua paura è eccessiva e irragionevole, ciò nonostante è disposta a fare notevoli sforzi pur di evitare ciò che la provoca. I sintomi sono talmente intensi da causare disagio o da interferire con le normali attività sociali o lavorative della persona.
Per affrontare questo tipo di disturbi è possibile apprendere delle tecniche utili per la gestione dell’ansia e/o intraprendere un percorso di psicoterapia rivolto ad esplorare le cause profonde da cui ha origine il disagio attraverso un processo di comprensione di sé stessi e del proprio funzionamento sociale e psicologico.
BIBLIOGRAFIA
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth edition (DSM-5). American Psychiatric Publishing, Arlington, VA. (Tr. it. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2014)
Lo stress è la risposta biologica del corpo ai vari eventi ambientali.
Gli stimoli che vengono considerati fattori di stress possono essere gravi (es. la morte di una persona amata), minori (es. rimanere imbottigliati nel traffico), acuti (es. non superare un esame), oppure cronici (es. un ambiente di lavoro sgradevole). Nella maggior parte dei casi si tratta di esperienze che le persone definiscono spiacevoli, ma si può trattare anche di eventi piacevoli (ad esempio il matrimonio).
Ogni persona reagisce in modo differente ad uno stimolo di stress.
Lo stesso evento non provoca la medesima quantità di stress nelle diverse persone: ciò che è stressante per qualcuno può non esserlo per qualcun altro.
Molteplici sono gli effetti che lo stress può provocare nel nostro organismo:
La percezione delle situazioni stressanti può cambiare in base alle strategie che le persone mettono in atto per affrontare i problemi:
Alcune ricerche (Folkman e Moskovitz, 2000) hanno dimostrato che durante le situazioni stressanti le emozioni positive possono avere un ruolo importante in quanto sono in grado di apportare notevoli benefici, bilanciando alcuni degli effetti nocivi delle emozioni negative, in particolare gli effetti fisiologici (Fredrickson e Levenson, 1998).
La gestione dello stress è un elemento importante per una vita sana e felice. A seconda dei casi può essere rivolta all’apprendimento di tecniche di rilassamento, di tecniche di gestione delle emozioni, di nuove strategie per affrontare la situazione fonte di stress.
BIBLIOGRAFIA
KRING, A.M., DAVISON, G.C., NEALE, J.M. & JOHNSON, S.L. (2007). Abnormal Psychology, Tenth Edition. John Wiley & Sons, Inc. (Tr. it. Psicologia Clinica, terza edizione. Bologna: Zanichelli Editore).
FOLKMAN, S. & MOSKOWITZ, J.T. (2000). Positive affect and the other side of coping. American Psychologist, 55, 647-654.
FREDRICKSON, B.L., & LEVENSON, R.W. (1998). Positive emotions speed recovery from the cardiovascular sequelae of negative emotions. Cognition and Emotion, 12, 191-200.
Ci sono momenti nella vita in cui ci possiamo sentire in difficoltà di fronte ad una scelta importante da prendere o ad una situazione complicata.
Si tratta di momenti di impasse in cui ci possiamo sentire fragili e confusi perché non sappiamo qual è la scelta giusta da compiere, la strada da percorrere, ci sentiamo in gabbia e non vediamo via d’uscita.
In questi casi è importante invece poter considerare bene i vari elementi implicati nella situazione, ascoltare le proprie emozioni, saper valutare pienamente le conseguenze delle nostre azioni, per trovare la soluzione più giusta per noi, in sintonia con il nostro essere.
In queste occasioni può essere utile l’intervento di uno psicologo professionista che può aiutare a fare chiarezza ed accompagnare il processo di scelta e di risoluzione del problema.
La qualità delle nostre relazioni è determinante per il nostro benessere.
Può accadere che la gestione dei rapporti con le persone per noi significative non sia sempre facile e che comporti disagio e sofferenza.
In questi casi alcuni fattori agiscono nella relazione ostacolando il contatto con l’altro impedendoci di raggiungerlo nel modo che desideriamo.
Alcuni di questi fattori possono essere: una comunicazione poco efficace, scarsa autostima, sensazione di inadeguatezza, timidezza, aggressività, un’intensa conflittualità, vecchi rancori, aspettative non soddisfatte, difficoltà di controllo degli impulsi.
Ognuno di noi ha una peculiare modalità di entrare in relazione con l’altro. Si tratta di una modalità che è insita in noi, che appartiene al nostro modo di essere più profondo, la cui espressione avviene in maniera automatica e proprio per questo non è sempre consapevole.
Talvolta la nostra modalità relazionale può risultare poco efficace e metterci in una posizione scomoda all’interno della relazione, portando anche delle conseguenze negative dal punto di vista psicologico, emotivo, sociale, economico.
Ci si ritrova allora a chiedersi perché si ripetono sempre le stesse situazioni nella nostra vita o perché abbiamo sempre a che fare con lo stesso tipo di persone, a cui spesso attribuiamo la colpa di quanto ci accade.
E’ importante invece renderci conto del nostro contributo attivo nella costruzione della situazione che ci troviamo a vivere, prendendo consapevolezza della modalità con cui viviamo le nostre relazioni, e di ciò che “mettiamo in scena”.
In questo modo è possibile arrivare a vedere le cose da un nuovo punto di vista, più ampio, e comprendere quali sono gli elementi che interferiscono nella buona riuscita dei nostri rapporti. Di conseguenza possiamo trovare delle modalità più funzionali e adattive che ci permettano di vivere delle relazioni sane, soddisfacenti e felici.
La morte di un congiunto o di una persona cara è un'esperienza inevitabile nella vita di tutti.
Si tratta di un evento che irrompe, a volte inaspettatamente, nel corso dell'esistenza e che attiva un dolore profondo e una serie di forti emozioni.
Nell’elaborazione del lutto è fondamentale la possibilità di comunicare la profondità del proprio dolore così come poter esprimere tutte le componenti emotive rispetto al defunto, all’evento della perdita, alla nuova condizione che ci si ritrova a vivere.
Nella fase di riadattamento dopo un lutto la persona deve affrontare diversi aspetti: una riorganizzazione emotiva, una ristrutturazione di eventuali aspetti concreti come ad esempio una diversa gestione familiare, la costruzione di una nuova rappresentazione interna del defunto.
L’elaborazione di un lutto si compie quando la persona riesce ad accettare la perdita del proprio caro, riconoscendola fino in fondo, a collocare interiormente in modo positivo il ricordo della persona scomparsa, a riprendere investimenti affettivi nel mondo, in nuovi progetti e in nuove relazioni in un nuovo assetto della propria vita (Bowlby, 1982)
L’elaborazione del lutto è dunque un percorso. Quando la persona non riesce ad affrontare e superare adeguatamente l’evento luttuoso rischia di rimanere bloccata e dipendente da ciò che è accaduto. Essa procede nella sua vita limitata da un peso doloroso che può tradursi anche in sintomi psicofisici e in vere e proprie patologie.
ALCUNI INDICATORI DI LUTTO COMPLICATO (DSM-5)
Sintomi che perdurano per almeno 12 mesi dalla morte della persona cara:
In questi casi può essere utile una consulenza psicologica o una psicoterapia individuale affinché venga individuato il punto in cui si è bloccato il processo di elaborazione del lutto e possa riprendere fino a completo compimento.
BIBLIOGRAFIA
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth edition (DSM-5). American Psychiatric Publishing, Arlington, VA. (Tr. it. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2014).
BOWLBY, J. (1982). Costruzione e rottura dei legami affettivi. Milano: Raffello Cortina Editore.
La separazione e il divorzio possono sopraggiungere in seguito ad una crisi di coppia.
Si tratta di un evento importante che rappresenta un momento di grande cambiamento che coinvolge l’intero progetto di vita di entrambi i partners.
I partners devono confrontarsi con numerosi aspetti della propria esistenza e quotidianità che vanno riorganizzati: economici, legali, emozionali, psicologici, sociali.
Il cambio di status può comportare delle difficoltà economiche per uno dei due partners, l’organizzazione finanziaria può subire dei consistenti cambiamenti.
In caso di matrimonio va affrontata la procedura di scioglimento legale del vincolo e può accadere che in caso di forte conflittualità non risulti di facile compimento.
La presenza di figli richiede una gestione del cambiamento con particolare attenzione e tatto per consentire loro un passaggio adeguato alla nuova condizione. I genitori continuano ed esserlo anche dopo la separazione, ma quando si è provati e impegnati emotivamente e concretamente sui propri aspetti personali, come accade inevitabilmente in questo caso, può non essere facile svolgere con serenità il proprio ruolo genitoriale.
E’ necessario anche ristabilire un nuovo progetto di vita personale, lasciando andare obiettivi, speranze e desideri che si erano creati durante la vita insieme.
La rete sociale che gravitava attorno alla coppia cambia e alcuni rapporti di amicizia o di altra natura possono sciogliersi. Bisogna cominciare a vivere senza l’altro, trovando un nuovo assetto interiore.
La fine di un rapporto dal punto di vista psicologico rappresenta un’esperienza di perdita, anche quando la decisione è stata presa attivamente e volontariamente, in quanto tale ha bisogno di essere elaborata adeguatamente.
Si tratta di un processo che deve compiersi passo dopo passo, attraverso le emozioni che si attivano in questo delicato momento: amore, rabbia, tristezza..che devono essere affrontate e vissute pienamente per consentire alla persona di poter procedere bene nella sua vita.
I cambiamenti dunque sono diversi e le sfide si presentano nel medesimo momento.
Affrontare tutto questo può essere impegnativo e l’aiuto di un professionista psicologo può risultare molto utile.
Ci sono momenti in cui siamo chiamati a dare il meglio di noi stessi in termini di prestazioni. Sono occasioni in cui le nostre capacità devono esprimersi al massimo della loro potenzialità per raggiungere il migliore risultato.
Questo accade quando dobbiamo per esempio sostenere un esame scolastico, un importante incontro di lavoro, una gara sportiva.
Si tratta di occasioni alle quali spesso ci si è preparati per lungo tempo, con dedizione, costanza ed impegno e il cui esito si sviluppa in un tempo invece più breve e immediato.
Può accadere che nonostante l’ottima preparazione (fisica, scolastica, atletica..) elementi inaspettati come l’ansia, la paura, l’insicurezza, giochino un ruolo a nostro sfavore facendoci raggiungere risultati al di sotto delle nostre potenzialità.
Attraverso l’impiego delle tecniche psicologiche più adatte a seconda del caso, è possibile ripristinare le nostre risorse al massimo della potenzialità nel momento in cui sono richieste e poter così raggiungere i risultati che desideriamo.
L’autostima è la valutazione che diamo di noi stessi.
Può essere bassa, alta, positiva o negativa, in ogni caso ciò che pensiamo di noi influisce sul nostro comportamento e di conseguenza sugli ambiti importanti della nostra vita.
Quando si ha una buona autostima si ha una migliore fiducia in se stessi e negli altri, e viceversa.
L’opinione che abbiamo di noi ha effetti sulle nostre relazioni sociali, sulla nostra vita affettiva e familiare, sul nostro successo scolastico e lavorativo, su quello che vogliamo realizzare.
L’autostima è uno stile di pensiero che viene appreso sin dall’infanzia nell’interazione con gli altri e con l’ambiente. E’ basata sulla combinazione di informazioni oggettive verso se stessi e valutazioni soggettive di queste informazioni.
Quando il messaggio che è stato veicolato dalla famiglia e dalle figure significative è di tipo svalutante, per esempio: “Non sei capace!”, “Hai sbagliato, come sempre”, “Non capisci niente”, la persona può crescere con un’opinione di sé influenzata da questi messaggi e può avere la tendenza automatica e spesso inconsapevole a leggere la realtà in modo da confermare tali giudizi. Le sue esperienze vengono quindi influenzate in senso negativo.
La persona rischia dunque, a causa di queste credenze, di vivere la propria vita in un modo diverso rispetto a quello che le sue capacità e risorse le permetterebbero di fare.
MIGLIORARE L’AUTOSTIMA SI PUO’!
E’ importante sapere che l’AUTOSTIMA non è un dono ma è UNA CONQUISTA. Essa non è determinata totalmente nei primi anni di vita e non è determinata dagli altri. Tutti hanno una propria capacità di cambiare e crescere. Gli schemi mentali e le credenze di ieri possono non essere quelli di domani.
Per una buona stima di sé è importante riconoscere i propri diritti, considerare i propri bisogni e desideri, definire i limiti e le risorse di se stessi, imparare a conoscere le proprie qualità, stabilire traguardi e obiettivi, trovare un equilibrio tra dovere e piacere nel fare le cose.
Per cambiare e migliorare la propria autostima è necessario accettare di assumersi la responsabilità della propria vita e partecipare così attivamente al processo della propria evoluzione. Si tratta di amare e proteggere un bene prezioso: se stessi.
BIBLIOGRAFIA
BRANDEN, N. (1994). The Six Pilars of Self-Esteem. Random House, Inc. (Tr. it. I sei pilastri dell'autostima. Milano:Casa Editrice Corbaccio, 2004).
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